24/02/13

Lo sport al tempo del maltempo


Alla luce del week end su cui a Bologna si è abbattuta una furibonda nevicata, interpellato da alcuni amici al riguardo, mi domando:
- che senso ha, se lo sport deve essere gioia e divertimento, non rinviare le gare che interessano le zone colpite dal maltempo obbligando tante persone con famiglie, giovani a mettersi in viaggio per raggiungere i luoghi di gara con strade al limite della praticabilità e con avvisi della protezione civile o della polizia stradale a non mettersi in viaggio se non in casi di estrema e grave necessità?
Perchè mettere a repentaglio la vita (perchè di quella si tratta) delle persone per una gara sportiva, rischiando di farli coinvolgere in incidenti? Ha senso?
In tanti anni di arbitraggio mi sono ritrovato nelle situazioni più insidiose, una volta, tanto tempo fa, preso dal panico perchè bloccato in una strada di montagna dove una corriera si era messa di traverso in mezzo alla strada, chiesi a un vigile del fuoco se mi riportava lui la macchina a valle, perchè, io, giovane e inesperto ero pietrificato dalla situazione.
Anni fa non esistevano sistemi previsionali cosi elaborati e precisi che erano in grado di prevedere le precipitazioni come siamo in grado di farlo oggi, eppure, oggi, nonostante previsioni che danno 20 cm di neve su una zona ci sono federazioni che si ostinano a non prendere provvedimenti in anticipo evitando a tutti ansie e rischi inutili.
Possibile che dobbiamo sempre essere il paese che per prendere un provvedimento dettato dal buon senso bisogna sempre che prima ci scappi una situazione tragica?
Non si tratta di valutare la praticabilità del terreno di gioco, ma si tratta di valutare le condizioni che regolano anche la raggiungibilità delle varie sedi.
Ieri il calcio ha rinviato perfino la gara di serie A, il basket ha rinviato la partita della Virtus e di tutte le serie minori, mentre altri sport hanno costretto arbitri e giocatori a tentare di muoversi.
Incomprensibile, perchè posso capire se parliamo di chirurghi che devono muoversi per salvare la vita di qualcuno, ma non per una gioiosa giornata di sport che può finire banalmente in tragedia.

Anche su questo il nostro paese ha tanto da imparare, basterebbe avere un po' di più la cultura del rischio e della responsabilità, perchè alla fine di quella trattasi, nessuno vuole mai prendersi una responsabilità in situazioni eccezionali, tutti trincerati dietro i manuali della deresponsabilizzazione.


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