27/11/16

Il tradimento che non tradisce!


Ogni tanto ho "bisogno" di leggere un libro di Rampini, per cercare di mettere insieme la lettura dei tanti eventi che ogni giorno i media ci sfornano. A mio avviso questo è uno dei migliori libri dell'autore, soprattutto per l'onestà con cui parla del suo ruolo di giornalista, forse troppo complice in passato della globalizzazione. Con razionalità e riferimenti tratta i moderni problemi dell'immigrazione e, qualora qualcuno avesse dei dubbi, ci descrive la realtà non certo esaltante che ci aspetta, ovvero il declino quasi senza speranza dell'Occidente.
Brillante quando descrive la spaccatura presente nel mondo tra ottimisti (dei globalisti, dei multiculturali e multietnici) e localisti che vogliono costruire solo dei muri, realista più del re quando ci segnala che "rare sono le categorie protette dalla corsa al ribasso... in un sistema sempre più winner takes all..." dove le uniche eccezioni sono i top manager, una moderna oligarchia che fissa regole per gli altri, ma non le applica a se stessa.
Ammirevole quando parla della responsabilità dei media nel formare un pubblico consapevole e che vanno quindi annoverati tra i traditori e sono per dare ragione all'autore quando afferma che la salvezza non verrà dai social media, il cui legame con la salute della democrazia è inesistente.

Leggetelo se volete essere più consapevoli e se sognate di fare il giornalista imprimetevi la missione della Columbia University Graduate School of Journalism "la scuola prepara giovani di tutto il mondo a svolgere una funzione vitale in una società libera: trovare la verità in situazioni complicate, solitamente con poco tempo a disposizione e comunicarla al pubblico in modo chiaro e interessante."
Praticamente come fa Rampini in questo libro.

Fa riflettere quando parla della sua esperienza obbligata a tempo pieno in un giuria americana... farebbe bene anche qui in Italia a molti di noi.

Ringrazio l'autore per lo spunto del mio prossimo libro, leggerò "Connectography: Mapping the Global Network Revolution" di Parag Khanna.

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